Il punto vendita è da sempre espressione del momento in cui i retailers accolgono industria di marca e clienti. Quello stesso momento in cui il cliente ritrova, o meno, ciò che appaga o dovrebbe appagare le sue aspettative in termini di acquisto e consumo.
Non si tratta però di soddisfare solo esigenze funzionali, ma anche quelle emozionali. E anche se questa combinazione di bisogni funzionali e coinvolgimento emotivo si esprime in modo e con ragioni diverse attraverso momenti di crisi economica, pandemia, inflazione, aumento dei costi delle materie prime ed energia, etc.., ciò che vale è che da sempre essa persiste al mutare dei tempi, permeandosi di fisico e digitale, evolvendosi con un dinamismo tale da renderla perennemente attuale ed elemento fondante della relazione con il retail e i brand.
Come intercettarla, quindi, come entrarci in sintonia rendendola elemento di fidelizzazione e differenziazione rispetto ai propri competitor è da sempre un campo nel quale retailer da una parte, e brand dall’altra, giocano le loro proposte e si dichiarano nella loro unicità.
La pandemia, mentre vincolava gli spostamenti e con essi l’affluenza e l’accesso ai punti vendita, in realtà rendeva altrettanto evidente a brand e retailer quanto nei consumatori stessero consolidandosi, in modo sempre più evidente e consapevole, cambiamenti fondamentali nelle loro dinamiche di scelta ed acquisto.
Intercettare queste dinamiche, interpretarle con la propria offerta, la propria comunicazione, e le proprie azioni diventa fondamentale per mantenere aperto con i consumatori un dialogo attuale e rinnovato.
Ciò, in primis ha portato il retail a capire che l’online non è più una minaccia ma un’opportunità da sfruttare, anche se sono ancora ampi gli spazi di sviluppo; contestualmente, che l’offerta fisica non può comunque mancare di rinnovarsi e che tale percorso di rilancio passa anche attraverso il rilancio stesso dei punti vendita e delle iniziative che caratterizzano l’offerta in senso ampio.
Relativamente a questo secondo aspetto, il retail sta manifestando chiaramente la volontà di recuperare “contatto fisico” e vicinanza al consumatore che, dal canto suo, il punto di vendita ha ripreso a frequentarlo. Gli sforzi per attivarsi velocemente e coerentemente con i nuovi temi di interesse e le rinnovate motivazioni in funzione delle quali il consumatore decide di acquistare brand, prodotti, e servizi, passando attraverso canali ed insegne, ci sono e sono chiari.
Punti vendita di prossimità, l’utilizzo di nuove tecnologie, l’inclusione di servizi addizionali o, più verticalmente, il management della marca del distributore (MDD), sono solo alcune delle azioni messe in pratica dal retail per accorciare le distanze con il consumatore, meglio anche se cross generazione, e conquistarsi un posto rilevante, differenziante e di valore nelle sue abitudini di scelta, acquisendo al contempo ulteriore vantaggio competitivo.
La prossimità, ad esempio, che già per definizione rappresenta il concetto stesso di vicinanza alle persone, diventa ancora di più presidio di quell’area di bisogni che si rifanno al concetto del “supermercato sotto casa”, dove il clima è più familiare, e la vicinanza del personale alle esigenze abituali dei clienti non manca di gratificarne le aspettative in termini di servizio.
La location però è solo una parte. Si esprimono in modo più chiaramente anche valori, coerentemente comunicati anche attraverso l’infografica all’interno dei negozi, quali la vicinanza al territorio con prodotti che utilizzano ricette e ingredienti del territorio stesso, quale espressione di un concetto di economia circolare, che prende dal territorio ed allo stesso restituisce.
Valori che si rifanno ad un percepito di equilibrio, di sostenibilità, e che ben si sposano anche con l’integrazione di modalità di dialogo digitale, attraverso magari servizi di “social e-commerce” (meglio costruiti su piattaforme proprietarie), al fine di tenere viva l’interazione con i clienti, coinvolgendoli e consentendogli di scambiare opinioni, condividere esperienze, ricette, ed entrare in contatto diretto con i produttori locali. Le attività del Gruppo ABBI in tal senso sono un esempio concreto di come ciò sia non solo possibile, ma anche iniziativa già in atto, con risultati che l’insegna stessa rileva di estrema importanza a riconoscimento del fatto che la strada intrapresa è quella giusta.
Chi, d’altra parte, come per esempio Esselunga non operava espressamente in format così “contenuti”, ha ormai deciso di farlo puntando però su location strategiche, per realizzare con laESSE un concept di punto vendita per la spesa quotidiana, ma non solo. L’immagine è estremamente curata, ricercata nei suoi tratti distintivi di insegna ma che, non volendo interpretare solo un concetto di supermercato, arricchisce la propria offerta con una serie di servizi a complemento, quali per esempio la presenza di caffè con cucina, servizi di take away, lockers per il ritiro di acquisti effettuati online, etc.
Altre insegne, come per esempio COOP, prendendo atto che l’offerta discount da tempo interpreta piuttosto bene le esigenze di risparmio dei consumatori, focalizzano grossi investimenti nel riconsiderare il management della Marca del Distributore (MDD), attraverso appunto un cambio radicale della funzione del prodotto a marchio. Attraverso l’inserimento di 5.000 nuovi prodotti, Coop intende rinnovare l’offerta MDD del 50%, intraprendendo un piano di sviluppo che punta a presidiare in modo massiccio la linearità espositiva e conquistare bisogni ad oggi non ancora, o solo parzialmente, soddisfatti.
Lavorare in questa direzione, quindi anche con l’intento di recuperare margini di convenienza, scostandosi talvolta dal ritenere quest’ultima prerogativa prevalentemente riconducibile alle sole attività promozionali continuative e più tradizionali. Ma si lavora sulla MDD secondo vere e proprie logiche di Brand anche per intercettare nuovi target, soprattutto quelli appartenenti alle generazioni più giovani.
Non sempre si tratta però di ricercare necessariamente nuovi servizi. Alcuni retailers intercettano semplicemente la necessità di rendere più efficaci quelli già esistenti. Negli Stati Uniti, per esempio, non mancano catene, come Taco Bell nel retail del Quick Service Restaurant (QSR), che consentono ai clienti che hanno preliminarmente ordinato online attraverso l’app, di accedere a corsie riservate e ritirare il proprio ordine riducendo il tempo di attesa da 4,28 a 2 minuti. Chi invece preferisce non utilizzare l’app, può accedere comunque alla corsia riservata ad un ordine di tipo tradizionale. E’ ovvio l’intento dell’iniziativa di aumentare i flussi, e mantenere vivo l’interesse anche di quel cliente che, attento ai tempi, altrimenti sarebbe perso.
Anche l’apparel retail non manca d’iniziativa e, in diversi casi, non manca di volgere l’attenzione ad un engagement anche piuttosto emozionale. Attraverso il ricorso all’utilizzo di tecnologie di VR ed AR (virtual reality ed augmented reality), ad esempio, il cliente entra in dialogo diretto con il prodotto e con il brand stesso che consente al brand di esprimersi e far vivere un potenziale altrimenti non possibile.
Ecco allora che nello show room il brand ha l’opportunità di raccontarsi grazie a corner attrezzati con tecnologia VR, nel quali il cliente che indossa un capo è trasportato in un ambiente (virtuale) per il quale il capo stesso è pensato, e vive in modo immersivo estremamente coinvolgente sia la funzionalità che l’emozionalità stessa dell’esperienza.
Iniziative, insomma, attraverso le quali il retail mira con determinazione a ristabilire, rinnovare e consolidare nuove forme di dialogo con i clienti, al fine di presidiare la propria identità di insegna ed aggiornare il proprio posizionamento, rafforzare il percepito di convenienza, e differenziarsi dalla competition.
In questo senso, quindi, un ultimo punto sul quale riflettere; ovvero, su quali siano quelle iniziative che hanno la capacità di incidere realmente sulla generazione di valore. Monitorare abitualmente e continuativamente questo aspetto è chiave fondamentale di successo ed efficienza, per focalizzarsi principalmente su quelle iniziative che apportano reale beneficio, consolidando il percepito di convenienza, e contribuendo in modo determinante al rafforzamento dell’equity del brand insegna, nel breve come nel lungo periodo.
Iniziative a favore del remodeling del negozio, per esempio, sono spesso capaci di generare un miglioramento del look and feel del punto vendita. Tuttavia, queste da sole difficilmente hanno la capacità di incidere anche su altre metriche, in particolare nel medio-lungo periodo.
Management del brand-insegna, innovazione, comunicazione, siano quindi sempre elementi fondanti di un processo evolutivo, continuativo e, soprattutto, organico e coerente, proprio con l’unico obiettivo di consentire alle insegne retail piena consapevolezza e perseguimento di un rinnovato scopo, posizionamento, e rinvigorimento dell’identità di marca.
Pubblicato integralmente su MarkUp 2023